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Collana Meme 2007PASSATO E PRESENTE - Gli Arbëreshë nel ventennio del silenzio - 2007
(ISBN 978-88-907177-6-8 - A cura di Mario Brunetti - € 15,00 - 266 pag.)
Autori: F. Altimari - M. Bolognari - M. Brunetti - G. Carnevale - E. Cribari - D. Guagliardi - D. Laudadio - A. Loiero - M. Mandalà - R. Musacchio - F. Pacenza - R. Pangaro - R. Rizzuto - P. Siclari - G.C. Siciliano - P. Stamati - J. Trumper - A. Uçi - A. Volkert
Editore: Istituto Mezzogiorno Mediterraneo - Rubettino
Presentazione:

Vengono raccolti in questo volume, congiuntamente, i materiali dell'ottava e della nona edizione degli "Itinerari gramsciani".
Si tratta di idee e di argomenti che si integrano e si completano tra loro ed è per questo che vengono editi in un unico testo.
La novità dell'VIII edizione degli "itinerari gramsciani" sta nel fatto che, da una parte, con essa, si è tentato un positivo coinvolgimento delle tre regioni meridionali, Calabria, Puglia, Basilicata - che registrano, da qualche tempo, l'accentuarsi del loro carattere di regioni transfrontaliere - sulla necessità di cimentarsi unitariamente nella ricerca di una nuova cooperazione nel Mediterraneo e, dall'altro, si è voluto aprire una riflessione sull'identità mediterranea, partendo da un primo punto specifico di analisi, la minoranza italo-albanese di antico insediamento, massicciamente radicata nelle tre Regioni citate, sin dal XV secolo.
In questo sforzo di ricerca, il Convegno Internazionale del 23 e 24luglio 2005, di cui pubblichiamo in questo testo i materiali, congiuntamente a quelli dell'edizione 2006, si è articolato in due specifiche sezioni: la prima, sabato 23 luglio, a Villapiana Lido (anche questa scelta di uscire dalla sede storica degli "itinerari" costituisce un tentativo di coinvolgimento delle realtà territoriali), ha messo a confronto idee e proposte per un'iniziativa congiunta delle tre Regioni interessate, capace di renderle protagoniste attive di una nuova politica di cooperazione nel Mediterraneo; la seconda, il 24 luglio a Plataci, ha affrontato, con il contributo di storici, studiosi e ricercatori italiani e stranieri, un tema rimasto finora inesplorato: i "perchè" dell'improvvisa caduta dello straordinario ruolo che avevano avuto gli italo-albanesi nella storia d'Italia, soprattutto a partire dalla fine del '700 e sino alla prima metà del '900. Evidenziare, cioè, il punto di passaggio della scelta operata dalla borghesia agraria locale, di farsi cooptare nel potere, in particolare nel ventennio fascista, in cambio della negazione trasformistica della propria identità. Il tentativo, nel Convegno, è stato quello di aprire, partendo da questo punto di analisi, una riflessione su cosa sia una "comunità" e cosa abbia caratterizzato la comunità arbereshe nella sua presenza in sette regioni del Mezzogiorno d'Italia che, tra periodi di straordinario attivismo e apparenti silenzi, si è tramandata da quasi cinque secoli e mezzo usi, costumi, cultura, lingua e religione, integrandosi e arricchendo, con la propria specificità, la storia e la cultura italiana.
Uno sforzo di ricerca importante, se non addirittura essenziale, per poter essere partecipi, a tutto titolo, dello sforzo di riscoperta della "identità mediterranea" che costituisce il positivo intreccio di culture diverse. Una identità, insomma, in cui ogni singola cultura non si è omologata in "una", ma ha favorito la convivenza di più culture portatrici di valori, tradizioni, lingue, storia e religioni diverse il cui passaggio ha lasciato, nel Mediterraneo, il segno di positive contaminazioni.
Dentro questa ricerca era importante indagare e leggere i chiaroscuri della comunità italo-albanese che, solo dopo il "ventennio del silenzio", ha ritrovato una seconda rinascita con l'avvento della Repubblica democratica nata dalla Resistenza a cui ha attivamente partecipato, raggiungendo un apice di affermazione a partire dagli anni '80 del '900, ed oggi, con il rinnovato ruolo che va assumendo il Mediterraneo nello scenario geopolitico mondiale, ha necessità di ritrovarsi nei suoi valori positivi.
Di talché, proprio dentro quell’area di meticciato che è il Mediterraneo, ridefinire la propria identità, individuale e collettiva, esibendo, come dato emblematico, il suo ruolo unitario nella ricostruzione di una società plurietnica e multiculturale che si cementi nella ricerca della pace e nella costruzione di un'altra visione dell'Europa.
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La IX edizione degli "itinerari" svoltisi nei giorni 22 e 23 luglio 2006 proseguendo nella ricerca ha segnato un ulteriore ed alto approfondimento rispetto alla stessa edizione precedente. L'articolazione dell'iniziativa, con momenti di verifica scientifica e dibattito pubblico ha teso a ricondurre a sintesi il grande tema della correlazione tra identità culturali, Mezzogiorno e Mediterraneo, individuando nel loro forte intreccio il punto di lettura con categorie gramsciane, della "nuova questione meridionale" e gli spunti di una ricerca sulla necessità di costruire una "egemonia del pluralismo" in un mondo multipolare.
In questo contesto non è risultato senza significato l'avere aperto i lavori delle manifestazioni, sabato 22 luglio a Torano Castello, con un'impegnata discussione sulla "Controstoria del liberalismo" di Domenico Losurdo, di cui si dà testimonianza, pubblicando in questo testo l'intervento di Giovanni Carnevale.
La non casualità di questa discussione sta nell'aver voluto cogliere, dentro la tematica posta alla riflessione nella IX A edizione dell'annuale importante iniziativa di Plataci, un aspetto non marginale del libro di Losurdo: la permanente contraddizione, che è il nodo non sciolto del liberalismo, tra un concetto liberale che pone come diritto formale la libertà dell'individuo e un suo agire pratico che produce schiavitù, crociate, concentrazione antidemocratica del potere, negazione dei diritti umani, individualismo, teorizzazione della supremazia di una razza sull'altra. Insomma, una categoria di pensiero che porta con sé disuguaglianze e sopraffazioni come lascito permanente e come punto regolatore dell'esclusione su cui spesso, purtroppo, si esprimono idee confuse, piene di errori e di approssimazioni. Partendo da qui, si è innestata la saldatura tra questa tematica e lo sforzo che si è fatto nella sessione scientifica del 23 luglio, di esaminare, partendo dal Mezzogiorno come categoria interpretativa della mondializzazione, e dal Mediterraneo come scenario per una diversa visione dell'Europa, le identità meridiane e il meticciato come valori da esaltare in risposta alla paura liberista e alla cultura razzista e di separazione che su questa paura va risorgendo. Il Mediterraneo è, storicamente, il frutto di millenni di scambi tra Nord e Sud del mondo, fra culture, etnie e religioni diverse che si sono contaminate tra loro, contribuendo a creare in questa area uno dei più grandi patrimoni culturali del-
l'umanità.
È, dunque, la riscoperta di questi valori la base per opporsi ad ogni discriminazione e riproporre una diversa cooperazione nel Mediterraneo, segnando una netta soluzione di continuità con le scelte della strategia di Lisbona che, saldando la costruzione europea col sistema della globalizzazione liberista, ha abbandonato le stesse ragioni che avevano ispirato la costituzione dell'Unione, producendo effetti devastanti sul piano dei diritti e della cittadinanza, conseguenze dirompenti nel Mezzogiorno. Proprio da qui emerge una inedita questione meridionale che diventa nel nuovo contesto questione mediterranea.
In questo orizzonte, la IX edizione degli "Itinerari" ha teso a collegare le identità come valore (a partire da quella degli arbëreshe) alla necessità di scandagliare il Mezzogiorno dentro uno sforzo di indagine del Mediterraneo non come "tema letterario" o come "frontiera", ma come grande risorsa strategica di trasformazione. In risposta e alternativa ad ogni progetto di egemonia neo coloniale sul terreno economico e culturale.